LimesLettere, gennaio 2019
Caro Valerio,
sarai sorpreso; mi sa proprio che non ti aspettavi una mia lettera, ma, come altri del passato, se l’hai ricevuta, vuol dire che dobbiamo parlare. Del nostro rapporto: morboso. Capisco che grazie a me hai trovato un modo per sfogarti, posto sicuro rifugiarti, podio su cui premiarti, tranquilli io e te, noi due soli, forse però, a noi due, in questo momento, conviene prendere una pausa: più che riflessione, di crescita, parlo di vita e poetica, dato che ormai ti si è svelato il trucco del tuo costrutto, ahimè, che brutto!
Non rendi conto? Basta controllare i tuoi ultimi file, dove, formichina negligente per la paura, non stai costruendo poesie mattoncino su mattoncino una struttura; ti limiti infatti a trascrivere pensieri, immagini, senza più retorica, sviluppo – insomma eviti la strofa, per timore della stessa solfa.
Se caschi continuamente nei tuoi cliché, allora ognuno per sé. (Per un po’…)
Quindi come andare avanti? Esperienzia, Valerio, esperienza!
Ed è doloroso, so, a me e per te, e ti toccherà pure ridurre le letture di poesia… Sai l’effetto: illuminante, scovi novità, illuminato, di scrivere persuaso, ma da oggi maggior narrativa, già, quel giusto intrattenimento senza più gusto.
Valerio caro,
non ti disperare, non timidare, non ti limitare
io sono sempre qui, potrai venirmi a trovare quando preferisci
ma prima impara a cavartela fra le vie del mio mondo, viaggialo,
ti perdi ancora solo dopo soli pochi passi, ammira i monumenti, i palazzi,
continua a studiare la mia architettura, per dar vitare un figlio che dura.
Freneticamente ossessionato, a tua insaputa, dalla velocità,
meglio fretta, della società, stai perdendo di vista l’obiettivo:
scalare il monte Ventoso, mica impresa da due/tre mesi scoprire chi sono
se pensi che prima di te una degna Corona, priva di terra, ha quasi abdicato;
lasciati quindi doppiare da questa massa, se andrà bene ritorneranno in massa.
Già fatico a starti dietro: ora è sì e ora è no
prima mi dai ragione, poi dici che ho torto… No!
zitto! basta! ascolta! Ragiona:
decidere sul tempo non ti è permesso, mica puoi vivere tutte ‘ste vite adesso!
basta! basta! Spegni quel pc, posa la bic qui: prenditi una pausa,
chiede tregua il cuore, smetti di spomparlo,
a secco ormai il succo di questo frutto,
e lascia in pace il cervello, la sintomologia si fa simbologia,
spinto al limite nell’ultimo periodo, mai possibile,
avido, non l’hai ancora ringraziato?
Valerio,
torneremo ancora felici di arrivare ultimi per primi…
Ora però rischi l’arresto per sfruttamento di te stesso.
Ti aspetto, a presto.
Sempre tua,
Poesia
© Inedito
©Valerio Succi
Valerio Succi nasce nel 1998 a Lugo, in provincia di Ravenna. Ha vissuto a Bagnacavallo, fino a quando non ha iniziato a frequentare la facoltà di lettere moderne presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, città dove attualmente vive. Precedentemente ha pubblicato in due antologie: «Novecento non più – verso il Realismo terminale», La Vita felice, 2016 e «Nessun dannato orologio», SensoInverso Edizioni, 2015. Suoi scritti sono inoltre comparsi sulla rivista online «Atelier».
La sua opera in versi d’esordio si intitola «Primo», Terra D’ulivi edizioni, 2018.