Paradiso in sfacelo
L’alato custode tien ritto
un moncone di spada ormai spento.
Non lotta con nessuno
ma si sente sconfitto.
Serafini col crine brinato,
sui prati e sui campi, dappertutto,
hanno sete di vero,
ma le acque dei fonti
i secchi han rifiutato.
Arando senza impegno
con aratri di legno
gli arcangeli lamentano
la gravezza dell’ale.
Oltrepassa le prossime stelle
la colomba dello spirito santo,
col becco spegne l’ultime facelle.
A notte angeli nudi
si stendono sul fieno rannicchiati:
ahimè, ahi mio Dio,
quanti ragni han sepolto il vivo rio,
marciranno anche gli angeli sotterra,
anche i miti la sabbia ardirà prosciugarne
di questa triste carne.
Un uomo si sporge sul margine
M’accosto al margine:
non so – è del mare
o del gramo pensiero?
L’anima mia sprofonda,
come anello dal dito
smagrato per un male scivolando.
Ormai nessuna strada è lunga,
nessuna voce m’allontana.
Giungi, tu, nulla.
Sui gomiti una volta ancora
mi sollevo un palmo da terra
e ascolto.
L’acqua urta la sponda.
Nient’altro, nulla,
nulla.
Il poeta
Anche se invento una poesia
non faccio che tradurre.
E poi, è giusto che così sia.
Così soltanto ogni verso ha una terra
per germogliare e diventare fiore.
Traduco sempre. Traduco
in lingua romena
un canto che il mio cuore
dolcemente m’annuncia, nel suo idioma.