PENSANDO A NAPOLI (PER RICORDARE LUCIANO DE CRESCENZO) – “Napoli mi manca sempre tanto e mi manca anche quando sono a Napoli. Napoli è più forte dei suoi abitanti, può cadere ma si rialza sempre. In questo mondo in cui il progresso sembra prendere il sopravvento su tutto, in cui le città sono sempre più simili le une alle altre, Napoli è l’unico luogo che riesce a mantenere intatta la propria identità.
Una copia di Napoli non potrà mai esistere, per questo è l’ultima speranza che abbiamo”.
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Sulla “Società del pieno” – “Confine spostato calcolato confuso / Limite /despoti inesperti / poeti incapaci / beati in fretta e furia conclamati / neppure loro sanno: / bontà impolverata sperduta / tra strade case di città inospitali / fruga ignorata derisa / tra scarti di cucina / piange.//Si sfamerebbero tutti. / Bello sarebbe assumere la colpa./ Carità malaticcia dissoda / terra troppo secca / sentire / sviato dalla mente / tratto di matita sottolinea l’errore / fa di conto./ Esempio di pochi / quasi zero nella ingorda / civiltà del pieno.” (Fausta Squatriti, Olio santo, 2010-2016, con prefazione di Mariella De Santis, NewPress 2017)
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IL PIETROSO FINITO – “Sul destino da riservare ai celesti / oltre il pietroso finito della terra / non c’è intesa tra gli umani / nell’atto di sottrarsi all’apparenza / né si placa tra i divini la contesa / per bandire il vuoto del giardino” (FLAVIO ERMINI, Edeniche, Moretti&Vitali 2019)
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DOMENICHE PERICOLOSE – Molto ha scritto e fatto scrivere, Giovanni Lischio, prima di approdare presso un editore come Macchione di Varese a questo giallo bipartito, Le domeniche pericolose. Le coppie, specialmente, che conclude una trilogia iniziata qualche anno addietro, nel ’13, con Il lato maggiore e proseguita nel ’15 Finché morte…(mentre nel cassetto un altro ancora aspetta, forse il più interessante, La ragazza col cane in spalla). Senza contare acrostici, aforismi, i “giochi” di parole (penso a una serie godibilissima di “ritratti” di animali in versi, anche questa ancora inedita e intitolata “Dalla a alla zebra”). Dicevo fatto scrivere, perché Giovanni è uno che, per una vita intera spesa nella scuola, pubblica e privata (per molti anni, ha insegnato anche al Gallio), lo stipendio se l’è guadagnato “divertendosi” con le legioni di studenti affidati alle sue cure, insegnando loro a scrivere, a creare, a essere insomma se stessi.
Ma come c’è di così singolare nel libro, Le domeniche pericolose. Le coppie, specialmente, da prestarsi per parlare dell’autore? Ci sono due problemi di stringente attualità, qui sul lago, da noi, ma anche altrove: c’è il mondo delle badanti, provenienti dall’est, con la loro difficile integrazione, nel primo, e le infiltrazioni mafiose nel Comasco, nel secondo, il tutto su uno scenario apparentemente placido e incantato, un piccolo mondo di ordinaria quotidianità, quale è il lago nel versante che dal Triangolo Lariano guarda Lecco e propriamente i paesi di Onno-Limonta-Oliveto.
È proprio qui che Lischio va ambientando ormai da tempo le sue storie, indagando e scovando, attraverso l’acume di un giornalista-detective particolare, Lorenzo Melori, i lati più oscuri della vita (e della psiche) dei suoi abitanti: storie ambigue e inquietanti, vicende di personaggi apparentemente comuni, vittime di azioni a volte inspiegabili se non con raptus di follia.
Scrittore in versi e in prosa, dunque, uno che ha attraversato e sperimentato molti linguaggi, restando sostanzialmente candido, “fanciullino”, con la capacità di giocare con le parole, di investirsi nel sapere degli altri, Giovanni Lischio: uno che, in virtù anche di una vita spesa nel grande arengo della scuola, l’avrebbero definito polytropon (nel latino di Andronico, versutum, dalle molteplici applicazioni e competenze). Versatile, insomma: narratore, comunicatore e soprattutto poeta, nel suo senso più ampio di creatore di linguaggio e capace di dialogare con semplicità e candore con giovani e meno giovani.
Uno che letteralmente “molto ha conosciuto”, attraversando e praticando innumerevoli territori, con la mente e col cuore, sfidando con la scrittura luoghi comuni e pregiudizi, sempre fedele a una propria riconoscibile cifra esistenziale e intellettuale, che si può pressappoco riassumere e condensare così, una visione della vita generosa e aperta a una intelligenza delle cose senza illusioni, per sé e per gli altri.
Vincenzo GUARRACINO, poeta, critico letterario e d’arte, traduttore, è nato a Ceraso (SA) nel 1948 e vive a Como.
Ha pubblicato, in poesia, le raccolte Gli gnomi del verso (1979), Dieci inverni (1989), Grilli e spilli (1998), Una visione elementare (2005); Nel nome del Padre (2008); Ballate di attese e di nulla (2010).
Per la saggistica, ha pubblicato Guida alla lettura di Verga (1986), Guida alla lettura di Leopardi (1987 e 1998) e le edizioni critiche di opere di Giovanni Verga (I Malavoglia, 1989, Mastro-don Gesualdo, 1990, Novelle, 1991) e di Giacomo Leopardi (Diario del primo amore e altre prose autobiografiche, 1998).
Oltre ciò, l’edizione dell’autografo comasco dell’Appressamento della morte (1993 e 1998), e l’antologia Giacomo Leopardi. Canti e Pensieri, 2005.
Ha inoltre curato il carteggio Leopardi-Ranieri (Addio, anima mia, 2003), il romanzo di Antonio Ranieri, Ginevra o l’orfana della Nunziata (2006), le novelle milanesi di Verga Per le vie, 2008, Libro delle preghiere muliebri di Vittorio Imbriani (2009) e Amori di Carlo Dossi (2010).
Ha curato le traduzioni dei Lirici greci (1991 e 2009), dei Poeti latini (1993), dei Carmi di Catullo (1986 e 2005), dei Versi aurei di Pitagora (1988 e 2005), dei versi latini di A.Rimbaud, Tu vates eris (1988), dei Canti Spirituali di Ildegarda di Bingen (1996), del Poema sulla Natura di Parmenide (2006) e l’antologia Poeti Latini cristiani dei primi secoli (2017).